Privacy, Skuola.net al fianco del Garante per conoscere meglio le abitudini dei più giovani

In occasione della Giornata Europea della Protezione dei Dati Personali, l’autorità garante si è affidata al portale di riferimento della GenZ per capire se e quanto le ragazze e i ragazzi difendono la propria privacy, specialmente quando sono online. Ancora una volta Skuola.net diventa un punto di riferimento per avere uno sguardo privilegiato sui più giovani, anche per le istituzioni

L’attenzione alla difesa della privacy, soprattutto online, è un argomento che interessa i giovani. Al punto che, organizzare in classe incontri dedicati a questi temi, troverebbe un ampio riscontro da parte di circa 9 studenti 10: quasi tutti, infatti, la giudicano un’attività fondamentale da sviluppare (54%) o come minimo molto utile (34%).  Questo il risultato di una consultazione via web erogata da Skuola.net per conto dell’Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali (GPDP) – raccogliendo la “voce” di 2.600 ragazze e ragazzi tra i 11 e i 24 anni – che ha avuto l’obiettivo di indagare sul tipo di approccio che hanno le nuove generazioni riguardo al tema ”privacy e digitale”.

Una sorta di appello che dovrebbe essere raccolto da chi di dovere. Perché, nonostante la conoscenza del “mezzo” e l’attenzione a difendere la propria immagine online, molto spesso i giovanissimi sembrano non possedere le coordinate base sull’argomento. Quasi 2 ragazzi su 3 , ad esempio, si sono iscritti a un social network prima dell’età consentita dalla piattaforma, pur sapendo che non avrebbero potuto. E sempre due su tre quando si iscrivono a un nuovo servizio online o accedono a una nuova app ne accettano le condizioni d’uso senza leggere mai l’informativa sulla privacy. Più elevata la consapevolezza tra i maggiorenni, infatti quelli che ignorano sistematicamente le privacy policy scendono al 50%.

L’indagine mette in luce anche i danni potenziali che potrebbe fare una violazione dei dati personali. Come nel caso dei fenomeni di cyberbullismo. Visto che meno della metà dei minori partecipanti al sondaggio afferma di conoscere i diritti che gli vengono attribuiti dalla normativa di riferimento (legge 71/2017).  Una vittima di cyberbullismo, infatti, può richiedere la rimozione dei contenuti che lo riguardano al gestore della piattaforma e, se questo non risponde, può rivolgersi al Garante per la Protezione dei Dati Personali, che ha tempo fino a 48 ore per attivarsi. Ma, in media, solamente il 43% dice di esserne al corrente. Solo gli over 18 sembrano più preparati: è consapevole di questa procedura il 64% di loro; probabilmente perché sono stati esposti, in età scolare, all’eco mediatica e al dibattito derivante dall’approvazione del provvedimento per il contrasto al cyberbullismo.

La conoscenza dei meccanismi di difesa da altri fenomeni – su cui il GPDP è in prima linea – è leggermene più apprezzabile ma, parimenti, si apre a margini di miglioramento. Qualora in passato è avvenuta (o se avvenisse in futuro) una diffusione online non autorizzata di propri video o foto intimi, 2 su 3 hanno segnalato (o sarebbero pronti a farlo) il contenuto alla piattaforma dove è circolato oppure hanno avvisato (o avviserebbero) le autorità competenti. Mentre 1 su 4 ha privilegiato (o tenderebbe a farlo) un confronto preliminare con genitori o altri adulti vicini. Purtroppo 1 su 10, per vergogna, ha tenuto o terrebbe la cosa per sé.

Stesso discorso se i contenuti in questione riguardano altre persone. Qualora sui propri device siano transitati (o transitassero) immagini o video “sensibili” relativi ad amici o conoscenti, i giovani non hanno avuto o non avrebbero dubbi sul da farsi: in media, ben 7 su 10 sanno che la cosa giusta da fare è cancellare il contenuto e avvertire la persona esposta; 1 su 5 di solito si è limitato (o si limiterebbe qualora si verificasse) a interrompere la catena di diffusione; sempre meglio della restante parte di intervistati – 1 su 10 – che invece in genere la alimenta (o, ragionando in astratto, la alimenterebbe) condividendo a sua volta con altre persone i materiali. Singolare, su questo, constatare come i meno collaborativi siano i più grandi: tra i 19-24enni, circa 1 su 4 ammette di aver continuato a far circolare il contenuto tra la propria cerchia di amici o che, qualora accadesse, sarebbe tentato di farlo.

Sullo sfondo c’è però l’approdo anche in Italia di un fenomeno già molto noto all’estero: la tendenza a disiscriversi dai social network o a non aderirvi affatto, che riguarda circa 1 su 10 tra i giovani intervistati, i quali dichiarano di non essere attivi su alcuna piattaforma.
Concentrandoci invece su quelli che sui social network ci sono, si osserva come solo per il 18% la preoccupazione maggiore alla loro presenza online risieda nella possibilità di un furto di dati e informazioni. Mentre oltre 1 su 3 teme soprattutto che qualcuno usi i contenuti pubblicati per prenderlo/a in giro o dare fastidio. Un timore diffuso soprattutto, comprensibilmente, tra i minorenni. Infine, circa 1 su 4 ha paura che i social possano rivelare ai propri genitori preziose informazioni personali. Curioso, su quest’ultimo punto, constatare che tra i più grandi (19-24 anni) questo timore coinvolga quasi 4 su 10. Complessivamente, solo un quarto degli intervistati (23%) non nutre nessuna di queste preoccupazioni quando utilizza i social. 

In linea con questi numeri sono pure le abitudini social: il 28% (che nella fascia 11-14 anni aumenta fino al 40%, mentre in quella 19-25 scende al 14%) preferisce essere spettatore, pubblicando praticamente nulla; appena 1 su 10 pubblica spesso contenuti; la restante parte (59%) pubblica solo ogni tanto. Fortunatamente, sono pochi a emulare le modalità d’uso dei social secondo il modello influencer: in media solo l’8% pubblica sempre contenuti inerenti la vita privata; un dato che però sale al 14% quando si tratta di 11-14enni, facendo scattare un doveroso campanello d’allarme. Più spesso (35%) si fa una valutazione del tipo di contenuti da pubblicare a seconda della piattaforma che si sta utilizzando. La maggioranza, comunque, si limita a postare contenuti di interesse generale: così per il 57%, una percentuale che sale al 69% tra i 19-24enni.

Attenzione che, quasi sempre, porta a diffidare di persone sconosciute che tentano l’approccio tramite i vari canali online. Qui i giovanissimi si rifanno: in media il 45% non risponde a questo tipo di contatti sempre e comunque e il 48% perlomeno valuta prima di chi si tratta per decidere se rispondere o meno; nella fascia 11-14 anni chi adotta queste due premure sale, rispettivamente, al 63% (che non risponde mai) e al 31% (che fa una forte selezione). Mentre i più grandi (19-24 anni) danno maggiori chance, ma non troppe, agli sconosciuti: solamente il 30% scarta a prescindere l’approccio. Confortante comunque osservare che, in generale, tra i minorenni oltre 9 su 10 cercano di difendersi da eventuali pericoli derivanti dal tentativo di contatto da parte di uno sconosciuto.