Cosa resta della didattica digitale dopo la pandemia? Sicuramente la tecnologia: per gli studenti più grandi disporre di device personali per lo studio, come tablet, pc o notebook, è quasi inevitabile. Tuttavia, a scuola se ne promuove poco o scoraggia l’uso, mentre all’università il digitale prevale su carta e penna. La ricerca di Skuola.net in collaborazione con Lenovo su un campione di 2.500 studenti di età compresa tra i 16 ed i 24 anni
Carta, penna e…device. Dopo la pandemia, la tecnologia è ormai entrata in pianta stabile anche nel “corredo” degli studenti italiani. Escludendo gli immancabili smartphone, utilizzati soprattutto a scopo ludico, oltre 9 su 10 possiedono almeno un dispositivo personale orientato alla produttività – pc, notebook, tablet, smart paper – da dedicare alle attività scolastiche o universitarie. Addirittura, in 1 caso su 3 i device sulla scrivania sono più di uno.
A segnalarlo è l’Osservatorio “Didattica Digitale”, una ricerca condotta da Skuola.net in collaborazione con Lenovo, interpellando 2.500 ragazze e ragazzi tra i 16 e i 24, ovvero gli studenti più adulti, quelli che frequentano l’ultimo triennio delle scuole superiori o iscritti all’università.
Anche la frequenza con cui questi dispositivi vengono impiegati è significativa. Circa la metà (48%) ne fa un uso quotidiano, quota che sale a 6 su 10 nel caso degli studenti universitari. Un ulteriore 39%, comunque, afferma di farne un uso frequente per finalità didattiche. Solamente poco più di 1 su 10, pur avendoli a disposizione, li usa raramente come supporto allo studio.
I device più sfruttati per questioni scolastiche o universitarie? Resiste il predominio dei classici computer: pc fissi e notebook, presi assieme, raccolgono i favori di oltre 7 studenti su 10, con una netta prevalenza (56%) per i dispositivi portatili, sicuramente più versatili. Si fanno sempre più strada, però, anche i tablet e gli smart paper – le “tavolette” di ultima generazione che simulano la scrittura su carta – che attualmente hanno uno spazio dedicato negli zaini o sulle scrivanie di circa 1 alunno su 4.
Addio quindi a carta e penna? Non ancora, perché per prendere appunti 3 studenti su 4 si affidano a strumenti analogici: nella maggior parte dei casi perché considerati più comodi (così per il 26% del sottocampione) o più adatti per memorizzare le informazioni (lo sostiene il 33%). Ma 1 su 10, va detto, ammette di non possedere le conoscenze sufficienti per utilizzare in modo produttivo i dispositivi digitali.
Un vero peccato, visto che quanti hanno invece già virato sul digitale anche per questa operazione quasi inevitabile – al momento sono solo un quarto degli intervistati – ne evidenziano il vantaggio soprattutto in termini di velocità (così per il 34% di loro) e di organizzazione nello studio (lo afferma il 31%). Senza trascurare la possibilità di girare con zaini e borse più leggeri, eliminando quasi del tutto quaderni e block-notes: è il beneficio principale per il 14% di questa platea. O il fatto di avere contenuti qualitativamente migliori e più completi: lo sottolinea l’11%. In ogni caso, restano una minoranza.
Anche se, su questo punto, il diploma costituisce una sorta di spartiacque tra il mondo analogico e quello digitale, almeno in termini di rapporto tra supporti di scrittura e studio. Infatti, alle superiori l’84% degli studenti prende appunti su carta, mentre all’università la quota scende al 45%: tutti gli altri registrano le informazioni da ricordare su smartphone, tablet, computer, smart paper.
Ma è l’intero metodo di studio che subisce una mini-rivoluzione nel passaggio dai livelli scolastici più bassi a quelli accademici. Alcuni esempi? All’università a usare quotidianamente o comunque spessissimo la tecnologia per la didattica è il 93% degli studenti, alle superiori l’85%. Molti iscritti a un corso di laurea (43%), poi, usano più dispositivi parallelamente, tra i diplomandi ci si ferma al 34%.
Il dato più eloquente, però, emerge dalle finalità per cui ci si appoggia ai device digitali. Infatti, i laureandi li sfruttano soprattutto per creare contenuti, ovvero appunti, fare riassunti, consultare dispense, redigere documenti per lezioni ed esami (così per il 52%). Diversamente, gli studenti delle scuole secondarie li usano prevalentemente in modalità passiva, ovvero per trovare supporto in fase di svolgimento dei compiti o per effettuare ricerche supplementari (è l’uso principale per il 58%).
L’origine di tale fuga in avanti del mondo universitario? L’abitudine a “dialogare” con certi strumenti. Tra gli alunni delle superiori, solamente 1 su 5 sostiene di essere invogliato dalla scuola a ricorrere ai device tecnologici come supporto allo studio e ad oltre un terzo (35%) pare ne venga addirittura sconsigliato l’uso. Negli atenei, invece, circa 3 su 10 sono incentivati ad aiutarsi con computer e tablet, anche per la didattica di tutti i giorni, e un altro 70% è quantomeno lasciato libero di agire come meglio crede; tra i banchi di scuola questa libertà è data a meno della metà (44%).
“In qualità di leader globale nel mondo education, ci impegniamo affinché l’esperienza didattica per gli studenti e i docenti sia qualitativamente migliore. Riteniamo che il digitale sia uno degli strumenti più efficaci, in grado di offrire soluzioni di apprendimento personalizzate e immersive. Grazie all’integrazione di questi dispositivi e all’educazione all’uso del digitale, siamo convinti si possa favorire lo sviluppo delle competenze digitali richieste per le professioni del futuro, migliorare la collaborazione tra studenti, tra allievi e insegnanti, e sviluppare la capacità di creare contenuti più completi, in modo organizzato”, commenta così i risultati della ricerca Riccardo Tavola, Education Manager di Lenovo in Italia.
“La pandemia ha lasciato in eredità agli studenti italiani i device digitali personali per la produttività: se durante l’emergenza in tanti ne erano sprovvisti ed erano stati costretti a seguire le lezioni in Dad dal piccolo schermo dello smartphone, ora tra gli alunni più grandi ben 9 su 10 hanno a disposizione un pc o tablet personale. Ma ancora non basta. Affinché ciò porti benefici bisogna insegnare loro come usare al meglio la tecnologia nella didattica, senza lasciarli al fai da te. Un po’ come si faceva quando l’unico modo per esprimersi formalmente era la scrittura manuale: a scuola si insegnava e valutava la bella calligrafia”, così commenta Daniele Grassucci, co-founder e direttore di Skuola.net.